LA GENESI DE “MARTINO E LA GIOSTRINA PER BAMBNI”

N.B. I meccanismi psicologici qui sotto descritti NON DEVONO essere rivelati ai bambini.

" Invidia e gelosia "

“Martino e la giostrina per bambini” è un fumetto. Nel senso che, come per il precedente, non può essere definito una storia illustrata. In quanto, sono le didascalie sottostanti che illustrano i disegni e non viceversa. Quindi, come vedremo più avanti, è stato fatto un accurato lavoro di sceneggiatura per sezionare il racconto in “scene”. Infatti, le didascalie non esprimono lo svolgimento narrativo della storia, ma si limitano a descrivere la scena.

Come abbiamo già sottolineato più volte nei nostri lavori precedenti, un aspetto importante della maturazione affettiva è rappresentato dall’autonomia affettiva. Infatti, il bambino e l’adolescente tendono costantemente a proiettare la loro immagine di sé in una prospettiva futura. Ovvero, essi non si precludono nulla. Ogni possibilità di realizzazione personale è per loro auspicabile e sempre possibile. Per questo motivo, essi non si espongono mai. Anzi, trattengono tutte le loro energie propositive nel timore che una qualsiasi e implicita dichiarazione d’intenti possa escludergli altre possibilità di realizzazione personale. Infatti, quando un adolescente, dopo un lungo e sofferto travaglio esistenziale, decide di darsi un’identità, di buttarsi alle spalle tutte le altre speranze di realizzazione e di cominciare a costruirsi una vita propria, sulla base di tutte le esperienze fin lì acquisite e in relazione ai propri limiti, si accorge che le altre possibilità di realizzazione non gli sono state affatto precluse. Ma, ormai, è troppo tardi: non è più un bambino e, con ogni probabilità, coltiverà tutte le sue passioni solo per piacere e arricchimento personale, con eguale soddisfazione. In questa prospettiva, educare il fanciullo verso una concezione opportunistica della vita potrebbe risultare compromettente per la sua maturazione affettiva. Naturalmente, bisogna considerare il fatto che il bambino non è un adulto e nemmeno un adolescente. Quindi, quando si parla di sviluppo affettivo nel fanciullo, si allude alla sua tensione verso la strutturazione della personalità adulta. In sostanza, se il bambino manifestasse invidia nei confronti dei suoi coetanei o gelosia nei confronti dei suoi fratelli, sarebbe un fatto del tutto normale. Tuttavia, si deve tener presente che, crescendo, egli sarà costretto a elaborare questi sentimenti per abbracciare una concezione della vita non più basata sull'egocentrismo, bensì sull'individualità. Infatti, se lasciassimo passare il messaggio che la vita sarebbe una sorta di torta dalla quale siamo tutti tenuti ad accaparrarci la nostra fetta, ne conseguirebbe che il disprezzo per il merito e per il diritto altrui a essere amati diventerebbe uno strumento fondamentale per la propria realizzazione personale. Di più, la frustrazione per il bene altrui, percepito come male proprio, costituirebbe una vera sciagura sociale. Il fatto che la vita venga percepita come una torta divisa a fette, sotto intende che la nostra vita sia costituita solamente da opportunità e, perciò, che dipenda esclusivamente dagli altri, al netto della nostra capacità di saperle cogliere. Mentre l’interpretazione corretta del messaggio educativo dovrebbe essere in relazione alla torta che prepariamo con le nostre mani. Parafrasando Schopenhauer, possiamo dire anche che l’uomo, preda del desiderio esteriore, anziché accrescere la propria vita cominciando da sé, ambisce a elevarsi e ad arricchirsi, osservando solo ciò che lo circonda. Così, ogni traguardo non sarà mai abbastanza, sia perché il mondo ci mostrerà sempre qualcosa di meglio, sia perché il traguardo sarà la realizzazione di un mero desiderio. Per tanto, l’uomo è costretto alla frustrazione, dalla quale nasce l’invidia per l’appagamento altrui e il sollievo per l’altrui frustrazione. Ma, come dicevamo in capo a questa premessa, il bambino e l’adolescente vivono di aspettative. Mentre, il disincanto è una condizione imprescindibile per diventare uomo o donna maturi. Quindi, l’invidia ha poco a che fare con l’età adulta, perché le aspettative verso se stessi hanno, evidentemente, lo stesso valore affettivo delle opportunità esteriori. In quanto ciò dimostra che non è avvenuta nessuna differenziazione tra la percezione di un “sé” anch’esso esteriore, perché proiettato nel futuro prossimo venturo, e un “sé” maturo e interiorizzato che, raccogliendo seco tutte le capacità fin lì acquisite, esercita immediatamente e relativamente ai propri limiti, la sua auto affermazione. In pratica, chi attende a se stesso è come se desiderasse qualcosa di estraneo a sé; come se fosse deluso e poi invidioso del mondo intero. Ma, siccome non si può essere invidiosi del mondo intero come di qualcuno o qualcosa, molto spesso questa condizione si manifesta in uno stato depressivo o in qualche forma di nevrosi. 

Quindi, dopo questa doverosa premessa, vedremo come il bambino possa gradatamente assimilare la lezione in oggetto, anche attraverso l’interpretazione che ne abbiamo voluto dare nel decimo episodio del gatto Martino. Alcuni psicologi distinguono il sentimento dell’invidia in due tipologie: Quella dal basso, ovvero l’invidia prettamente detta, e quella dall’alto, meglio conosciuta come gelosia. Nel nostro caso, abbiamo voluto delinearle entrambe (non solo per motivi narrativi), perché, se l’invidia dall’alto differisce in quanto nascente da una posizione acquisita, sostanzialmente essa non è diversa da quella dal basso che invece ambisce alla posizione altrui. Infatti, nella nostra storia è solo il fattore temporale che determina l’invidia della gatta Martina nei confronti del suo amico Martino il quale, a sua volta, essendo stato precedentemente indicato da Nerino, dimostra gelosia nei confronti di Martina quando questa viene, in seguito, da Nerino preferita. Ma, allora, come se ne esce? Gli psicologi consigliano, soprattutto nei bambini, di verbalizzare gli stati d’animo per elaborare la reale entità dell’invidia e della gelosia. E, infatti, la gatta Martina chiede a Nerino perché egli abbia preferito Martino, il quale risponde perché, dopo di lui, era quello che saltava più in alto. E, infatti, anche Martino chiede a Nerino perché successivamente egli abbia preferito Martina, il quale risponde perché essere stata quella che saltava più in lungo di tutti. Poi, gli psicologi consigliano di personalizzare il proprio operato. Nel nostro caso, infatti, la vicenda si conclude con Martino che consiglia Martina, per recuperare la pallina finita al di là del ruscello, e con Martina che indica Martino, per recuperare la pallina finita sopra alla giostra dei bambini. Questo perché, sottolineando le competenze dell’altro, i nostri protagonisti si rendono consapevoli delle proprie, e le demarcano implicitamente. In questo modo, ovvero risolvendo il loro sentimento d’invidia e gelosia, i bambini si pongono sulla strada di una futura maturazione, indirizzata verso l’autonomia affettiva, che costituisce il fondamento dell’età psicologica adulta.

Il soggetto di questa storia è così strutturato:

Antefatto. Martino, Martina e Nerino, dopo essersi incontrati al parco giochi, per rendere più interessante la loro giornata, decidono di fare delle gare.

Misfatto. Ma, a causa di un gruppo di ragazzini che stavano frequentando il parco, essi saranno costretti a recarsi da un’altra parte. In quell’occasione, Nerino manda Martino sopra un albero ad avvistare i bambini che si avvicinavano, e Martina dimostra invidia nei confronti di Martino. Poi, Nerino manda Martina a recuperagli la pallina a sonagli che aveva appena perduto, e Martino dimostra gelosia nei confronti di Martina.

Fatto. Il giorno seguente, Martina chiede a Nerino perché avesse preferito Martino, e Martino chiede a Nerino perché avesse mandato Martina a recuperargli la pallina.

Epilogo. Quando la pallina finisce per errore al di là del ruscello, Martino propone a Martina di andarla a riprendere. E quando la pallina finisce per errore sopra la giostra dei bambini, Martina indica Martino per andarla a recuperare.

Come già accennato, il soggetto è stato sezionato in scene che sono appunto la risultanza di un percorso narrativo scandito dalle immagini. A tale scopo, le azioni repentine sono state dilatate con la ripetizione di più scene, mentre le digressioni narrative sono state economizzate, concentrando in una sola scena l'avanzamento della storia. A questo punto sono stati scritti i testi.

Quindi dalle scene scritte, si è passati alla realizzazione di “bozzetti” per cominciare ad immaginare visivamente le scene.

Per il disegno, come nel fumetto precedente, ci siamo trovati di fronte ad un dilemma. Scegliere un tratto stilizzato o realistico. Quello realistico non si addice ad una storia per bambini, poiché essi si esprimono nell'ambito del gioco e non nella realtà. Invece, quello stilizzato non ci consente di tratteggiare lo sfondo, indispensabile allo svolgimento della nostra storia (Lo sfondo stilizzato è ad esempio quello di Topolino che ovviamente è surreale). Quindi, abbiamo deciso di scegliere un tratto che rappresentasse un compromesso. Un disegno realistico, ma come se fosse fatto da un bambino, stentato e con l'anatomia appena accennata.

Per la colorazione, sempre per dare l’impressione che non fosse troppo realista, ci siamo avvalsi dell’uso del computer.

Infine, abbiamo aggiunto le didascalie e salvato i file in modo da stamparli fronte-retro. Le vignette vengono tagliate e rilegate a mano.

ANNO MMXVII